Parliamo di Ecotossicità I

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 Alle ore 6 del 10 giugno 2021, a Verbania, vi è stata una fuoriuscita di acido cloridrico da una cisterna da 26mila litri. L’intervento tempestivo delle autorità e dell’azienda proprietaria della cisterna ha fatto in modo che non vi fossero danni maggiori per i residenti. Davanti a questi incidenti non è neppure utile puntare il dito verso un responsabile o l’altro, ma piuttosto è importante ed utile fermarci un attimo e riflettere.

L’acido cloridrico (HCI) è usato nella produzione di cloruri, fertilizzanti e coloranti, nella galvanotecnica e nell’industria fotografica, tessile e della gomma. L’Environmental Protection Agency (Agenzia della protezione ambientale del governo degli Stati Uniti, EPA) spiega che:

<< L’esposizione acuta (a breve termine) per inalazione può causare irritazione e infiammazione del tratto respiratorio, del naso e degli occhi, ed edema polmonare negli esseri umani.  L’esposizione orale acuta può causare corrosione delle membrane mucose, dell’esofago e dello stomaco, mentre il contatto cutaneo può produrre gravi ustioni, ulcerazioni e cicatrici.  L’esposizione professionale cronica (a lungo termine) a acido cloridrico è stato riportato come causa di gastrite, bronchite cronica, dermatite e fotosensibilizzazione nei lavoratori.  L’esposizione prolungata a basse concentrazioni può anche causare lo scolorimento e l’erosione dei denti.>> (fonte in inglese scaricabile da sito EPA)

Questo acido, nonostante il peso che ha direttamente o indirettamente nella nostra vita quotidiana, rappresenta un pericolo ecotossico. Ecotossicità è un termine già presente nel lessico accademico dagli anni ’70, definito dal tossicologo Francese René Truhaut come <<la branca della tossicologia che si occupa dello studio degli effetti tossici, causati da inquinanti naturali o sintetici, sui costituenti degli ecosistemi, animali (compresi quelli umani), vegetali e microbici, in un contesto integrale>> (1977). Tossicità. Una parola che già da sola evoca un immaginario di morte e distruzione, enfatizzata dalle immagini che purtroppo, in modo automatico e normale, vi associamo. Soprattutto quando viene messa in relazione al suffisso “eco-“.  La definizione di Truhaut mette in luce però aspetti più ampi e, per alcuni aspetti più spaventosi, di cosa sia l’ecotossicità. Questo termine si riferisce infatti a ogni tipo di stressor biologico, chimico o fisico di influenzare un ecosistema, non esclusivamente alla fuori uscita di acidi o di quelle sostanze che creano sensazionalismo nei notiziari. Questi fattori di stress infatti, si possono verificare nell’ambiente naturale a livelli abbastanza alti da disturbare la biochimica naturale, la fisiologia, il comportamento e le interazioni degli organismi viventi che compongono l’ecosistema. Tra questi elementi troviamo:

  • Ftalati che si trovano normalmente in solventi, smalti per unghie, nei profumi, negli adesivi, nelle vernici
  • Bisfenolo A, usato nella produzione di plastiche alimentari, ma anche nei prodotti per bambini, nelle lenti degli occhiali, nei dischi ottici, dispositivi odontoiatrici, etc.
  • Climbazolo, un comune antimicotico usato nella produzione di shampoo antiforfora, in preparati per la cura della dermatite seborroica, ma anche in agricoltura come fungicida.
  • Pesticidi, che possono essere sia composti chimici, che agenti biologici. Un fungo, as esempio, usato come pesticida, è sicuramente in grado di disturbare la biochimica naturale e il comportamento degli organismi viventi dell’ecosistema.

Non solo questi. Tantissimi altri elementi sono in grado di modificare il nostro ecosistema, rappresentando quindi una minaccia ecotossica. Ed è quindi importante, di fronte a questi avvenimenti catastrofici, ricordarci di quanto siano le nostre piccole azioni quotidiane ad influenzare l’ecosistema in cui viviamo. Sono i consumatori a far sì che si consumino quei prodotti capaci di impattare in modo così pericoloso i nostri habitat. Luca Rubietti, nel suo post di giugno, ha offerto delle alternative ecologiche ai prodotti di uso quotidiano. Prodotti utili che diminuiscono notevolmente l’ecotossicità delle nostre azioni quotidiane.

Nei prossimi post ci occuperemo ancora dell’impatto che le nostre azioni quotidiane hanno sull’ecosistema. Per ora, limitiamoci ad una riflessione. È veramente necessario aspettare un disastro ambientale su vasta scala come le fuoriuscite di agenti chimici nell’ecosistema, incendi catastrofici, l’estinzione di specie marine a causa della plastica, per accorgerci che siamo noi umani, con le nostre azioni quotidiane, il primo fattore di ecotossicità?

Proviamo a riflettere sulle nostre azioni quotidiane e capire quali piccoli cambiamenti nelle nostre abitudini, potrebbero portare a grandi benefici al nostro ecosistema. Fateci sapere quali sono stati i vostri cambiamenti! Ne discuteremo assieme nei prossimi post.

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  • Truhaut R (1977). “Eco-Toxicology – Objectives, Principles and Perspectives”. Ecotoxicology and Environmental Safety. 1 (2): 151–173. (Disponibile su: gov)
  • Pastorok, Robert A.; Bartell, Steven M.; Ferson Scott; Ginzburg Lev R. (A cura di) (2002) “Ecological Modeling in Risk Assessment: Chemical Effects on Populations, Ecosystems, and Landscapes” Boca Raton: LEWIS PUBLISHERS (disponibile su: Amazon.it, o su Routledge.com)

 

 

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